«Ambaradam ciccì coccò, tre civette sul comò….» La cantavo anche io da piccolo, storpiando, come tutti, “Ambarabà” (termine originario di questa antica filastrocca) in “Ambaradam” diventato, dagli anni del fascismo, un innocuo sinonimo di “confusione”. E questo per mimetizzare la strage compiuta, il 10 febbraio 1936 dai soldati italiani agli ordini del generale Pietro Badoglio: innumerevoli granate cariche di gas velenoso (arsina) che uccisero, nelle caverne del monte Amba Aradam, migliaia di etiopi, per lo più civili, che si erano lì rifugiati.
Badoglio, nonostante una istanza dell’Etiopia alla Società delle Nazioni, non è stato mai giudicato o condannato come criminale di guerra; mentre ad Ambar Adam, come se niente fosse, sono intitolate in Italia innumerevoli strade.
Forse, sarebbe il caso che il 10 febbraio, “Giorno del Ricordo”, invece che spacciare farlocche ricostruzioni sulle foibe, sia dedicato a commemorare questa strage.
Francesco Santoianni